Visita psichiatrica, colloqui preliminari e psicoterapia

In situazioni di sofferenza emotiva e di disagio esistenziale può essere richiesta una visita psichiatrica, allo scopo di individuare possibili contributi diagnostici e terapeutici alla gestione dei problemi che stanno alla base del disturbo.


Di solito le motivazioni che portano a chiedere una visita psichiatrica - o una psicoterapia - sono espresse con parole non coincidenti con quelle del linguaggio specialistico. Non ritengo che ciò ostacoli il mio lavoro; anzi, invito i pazienti ad esprimersi spontaneamente: capisco meglio.

 

Così in genere nel corso dei primi colloqui si viene a parlare, più comunemente, di:

  • Stress e disagio relazionale, sociale, scolastico, lavorativo, familiare.
  • Sintomi "fisici" – In generale, quando prevale un vissuto di disagio corporeo, si possono accusare alterazioni delle funzioni fisiologiche, comprese quelle cognitive (intese come meccanismi cerebrali).


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Sintomi fisici e psichici

  • Sintomi "fisici"

    Molti pazienti provano sensazioni diffuse di riduzione delle energie, di diminuzione della vitalità, di logorio psico-fisico. È sempre difficile rendere con le parole stati di questa natura. Tra i termini impiegati più di frequente (dai medici o dai pazienti) troviamo: insonnia, stanchezza, debolezza, astenia, disturbi alimentari, disturbi digestivi, difficoltà respiratorie, disturbi della sfera sessuale, cefalea, dolori articolari e muscolari, tachicardia, altre disfunzioni vegetative, cenestopatie.

    Una frequente motivazione per una visita psichiatrica è costituita dagli attacchi di panico (vedi la sezione dedicata), che tipicamente si presentano con sintomi che destano forti timori di una patologia fisica .

  • Sintomi "psichici"

    Quando è l’aspetto mentale a prevalere, comunemente si parla di: ansia, depressione, apatia, difficoltà di concentrazione, demotivazione, perdita dell’autostima, insicurezza, indecisione, ossessioni, perdita degli interessi, irritabilità, instabilità emotiva.

    Anche in questi casi, si può avvertire un calo delle funzioni cognitive, considerato come conseguenza di una scarsa motivazione (spinta, interesse, desiderio).

I disturbi

Lo Psichiatra può, quando necessario, tradurre in termini medici i disturbi presentati.

I termini tecnici (psicopatologici e clinici) più comunemente impiegati nell'attività psichiatrica per raggruppare i sintomi in malattie o sindromi sono attualmente i seguenti:

  • Stati ansiosi o depressivi. Insonnia. Disturbo post-traumatico da stress (PTSD). Stress lavoro-correlato, mobbing, burnout. Disturbo d'ansia generalizzato (GAD). Disturbo da attacchi di panico (DAP). Fobie (più frequentemente agorafobia, fobia sociale e claustrofobia; altre forme di fobia). Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). Altre forme nevrotiche.
  • Anoressia, Bulimia, Obesità, Binge-Eating (BED) e altri Disturbi del comportamento alimentare. Disforia di genere e altre problematiche relative all'identità di genere. Disfunzioni sessuali.
  • Disturbi di controllo degli impulsi.
  • Disturbi specifici dell'apprendimento (Dislessia, Disgrafia, Discalculia, e altri). Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
  • Disturbi pervasivi dello sviluppo. Disturbi dello spettro autistico.
  • Dipendenze da: psicofarmaci, alcool, sostanze, gioco d'azzardo (Ludopatia), sesso, pornografia, internet, altre.
  • Disturbo borderline e altri Disturbi della personalità.
  • Disturbi psicosomatici (somatoformi) ("somatizzazioni").
  • Ipocondria.
  • Disturbo da conversione.
  • Disturbo Bipolare e altri disturbi dell'umore, Sindromi Schizofreniche, Disturbo Schizoaffettivo, Disturbi Deliranti, altre psicosi.

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  • Tre situazioni tipiche: insonnia, ansia e attacchi di panico, depressione

    Queste tre, sono le situazioni che più frequentemente portano alla richiesta di una visita.


    Molte informazioni su queste ampie categorie di disturbi sono ormai facilmente reperibili (nel web, in Farmacia, nelle sale d’attesa degli studi medici, in televisione, dovunque).


    Immagino che chi legge queste righe le abbia già passate tutte in rassegna. E anche che ne abbia tratto pochi chiarimenti, disorientamento e forse alcune aspettative poco realistiche.


    Quindi eviterò di riportare nozioni, per non appesantirvi ulteriormente la navigazione sul web. Farò soltanto un accenno alle questioni tipiche che realmente si presentano nella pratica clinica, dove ogni paziente presenta situazioni originali, rispetto alle quali ogni schema (scientifico o alternativo) risulta pedante.


    Molto spesso - se non quasi sempre - queste condizioni (almeno due di esse) si presentano insieme, e spesso si associano anche con sintomi “fisici” (a dire il vero, i disturbi non si possono definire né fisici né psichici: sono essenzialmente malesseri, vissuti personalmente).


    Si tratta di disturbi molto generici, che non permettono una diagnosi immediata, ma richiedono comunque, il più delle volte, un tempestivo intervento terapeutico.


    Il trattamento, inizialmente, è mirato su uno o più dei 3 aspetti, ed è pertanto sintomatico; i farmaci possono svolgere, in tale circostanza, una funzione importante.




    Per lo più queste manifestazioni di presentazione non vanno considerate come malattie specifiche.


    Se di malattia si dovrà parlare, lo si farà in seguito, se necessario o utile.


    Caso mai, più specifiche sono certe situazioni esistenziali che portano facilmente a questi disturbi (si può parlare allora di Insonnia o di Ansia o di Depressione reattive): delusioni sentimentali, divorzio, età avanzata, disoccupazione, lutti, malattie fisiche, problemi di studio, emigrazione, bullismo, stalking, violenza, mobbing, e qualsiasi altro trauma psichico acuto o di lunga durata.




    Ciò non significa, naturalmente, che ansia, depressione e insonnia siano sempre da riferire interamente ad avversità. In proporzioni variabili, possono essere presenti fattori predisponenti, in forma di tratti caratteriali o talvolta di disturbi psichici più nettamente configurati.

  • La diagnosi dei disturbi psichici

    La diagnosi relativa ai disturbi psichici è, di fatto, molto variabile a seconda del tipo di formazione dei medici o psicologi che seguono il caso.

    È facile costatare come tecnici diversi, o centri diversi, formulino diagnosi apparentemente in contraddizione fra di loro. 

    Solitamente la terminologia impiegata non aiuta il paziente a comprendere e a spiegare il proprio disagio, anzi, spesso lo frastorna. 

    Sono tuttora molto diffuse terminologie diagnostiche non "aggiornate", ma non per questo meno efficaci per comunicare la propria condizione. 


    È importante che il paziente si senta libero di impiegare, per esprimere il proprio disagio, le parole che conosce, magari apprese da un medico molti anni fa, e non quelle che si leggono ormai dappertutto, e che spesso sono estremamente monotone ed inespressive. 

    Non c'è alcun bisogno di presentarsi allo Psichiatra con una diagnosi già pronta.

    Non c’è molta differenza, dal punto di vista del paziente, fra un disturbo bipolare e una sindrome maniaco-depressiva, fra un disturbo di ansia generalizzato e una nevrosi ansiosa, fra un episodio depressivo maggiore e un esaurimento nervoso, fra una demenza multiinfartuale e un’arteriosclerosi cerebrale, fra una disfunzione erettile e un’impotenza, fra un disordine ipoattivo del desiderio sessuale (HSDD o ISD) e una frigidità, fra un attacco di panico e una crisi di angoscia.


    La divulgazione mediatica in tema di psichiatria, psicologia e psicoterapia (come del resto in ogni campo scientifico) è di regola gravemente distorta da pregiudizi ideologici, correttezza politica rigida e acritica, tendenze che rasentano la moda, interessi inconfessati di lobbies. La ricerca di una comprensione del proprio disagio viene dirottata verso la ricerca di un'identità e ridotta alla scelta fra una dozzina di malattie principali * , che fra qualche anno non esisteranno più, come non esistevano alcuni anni fa, perché nessuno degli esperti ne parlerà e ne parlava nello stesso modo di oggi. 


    L'immancabile navigazione sul web è sempre fonte di confusione e perdite di tempo, perché vi si trovano per lo più informazioni assolutamente superficiali, scialbe, semplificate, stravaganti o di parte. Il cui effetto è quello di indurre la convinzione di essere colpiti da una malattia precisa, così che tutto quello che bisogna fare è applicare terapie standard che sembrano uguali per tutti (ma che sono proposte in caotica e furibonda concorrenza fra di loro). Si tratta di un luogo comune e, peggio, di una illusione. 


    La mia esperienza mi insegna che la terapia va a buon fine se si prova subito a comprendere come il paziente si sente , non a spiegare che malattia lo abbia colpito. Succede che molti mi chiedano, per esempio, con apprensione: “sarò bipolare?”, come se si dovesse indagare per scoprire una malattia grave che richiede esattezza diagnostica e terapeutica, di cui soltanto lo specialista possiede conoscenza. 

    Anche nel caso che il quadro sia chiaramente quello di un disturbo bipolare (o di altre patologie nettamente riconoscibili), quello che conta a fini terapeutici è il grado di intesa fra paziente e medico, non la presunta capacità del medico di rilevare misteriose malattie di cui il paziente non sa nulla, e la cui cura affida integralmente all’abilità del medico.

    In genere quindi tendo a non diagnosticare immediatamente. Penso sia invece più utile sgombrare il campo dalle diagnosi preconfezionate che mi sono talvolta proposte da chi mi consulta (a meno che non provengano da precedenti esperienze terapeutiche). 


    Cerco piuttosto di aiutare il paziente a riformulare i problemi attraverso i propri abituali mezzi espressivi. Se nel corso dei colloqui emerge l'utilità di una diagnosi formulata in termini accademicamente e legalmente aggiornati (per esempio, se occorrono certificazioni o relazioni cliniche), allora può essere opportuna una valutazione tecnica aggiuntiva. In questo caso possono essere somministrati dei test. Posso all'occorrenza avvalermi della collaborazione di psicologi particolarmente esperti nella psicodiagnostica. 


    * Le malattie più frequentemente citate dai mezzi di informazione sono, appunto, pressappoco una dozzina.


    In realtà il più diffuso manuale diagnostico psichiatrico (DSM-5) contiene più di 370 diagnosi diverse.


    Il che non significa che esistano 370 modi di descrivere le persone. Ad oggi, sono teoricamente possibili circa 8 miliardi di biografie.

  • Consulenza

    Una ragione in più per non affrettare la diagnosi è la frequente necessità di una diagnosi differenziale, che è un lavoro di competenza specificamente medica. Vale a dire, semplificando, che bisogna in primo luogo valutare se l'origine dei sintomi sia prevalentemente psichica o fisica. Per raccogliere accuratamente l'anamnesi, sono solito chiedere ai pazienti di fornirmi una documentazione riguardante eventuali patologie fisiche. In caso di dubbi, a tal fine può essere utile (quando non doverosa) la prescrizione di esami di laboratorio o anche la consultazione del Medico di Medicina Generale o di Colleghi di altra specializzazione. Ogni malattia ha aspetti sia psicologici che organici, e ogni terapia idealmente dovrebbe comprendere una componente psicologica.


    È mia convinzione che il Medico (qualunque sia la sua specializzazione) abbia, per sua natura, funzioni terapeutiche psicologiche, spesso sottovalutate e delegate a figure professionali non attrezzate per comprendere l'unità psico-fisica del paziente.


    Posso affermare che uno fra gli aspetti più interessanti e più produttivi della mia esperienza come consulente è il recupero/potenziamento di capacità psicologiche latenti da parte di Colleghi Medici non Psichiatri, Infermieri, e di intere équipes sanitarie.


     Sulla base di queste esperienze e riflessioni, fin dall'inizio della mia formazione e nel corso di tutta la mia attività professionale, ho sviluppato un interesse e particolare competenza nel campo della cosiddetta Psicologia Medica, occupandomi di consulenze (Psichiatria di Consulenza e di Collegamento) presso reparti ospedalieri non psichiatrici, singoli professionisti, cliniche e strutture residenziali psichiatriche e geriatriche, istituti di cura e riabilitazione.


     L’attività di consulenza può essere rivolta anche a singole persone, per esempio:

    • per orientamento nella scelta delle figure professionali e/o delle strutture competenti riguardo a casi psichiatrici complessi, in cui l’intervento del solo Specialista risulti insufficiente.
    • per interventi multidisciplinari già in corso in campo diagnostico, terapeutico, riabilitativo, socio-assistenziale e medico-legale
  • Terapia psicofarmacologica

    È opinione diffusa (anche in ambito professionale medico e psicologico) che l’intervento terapeutico dello specialista Psichiatra consista essenzialmente nella prescrizione di psicofarmaci. La mia esperienza mi ha portato a criticare radicalmente tale pregiudizio, teoricamente e nella pratica clinica. 


    Il trattamento farmacologico non risolve alcun conflitto all'origine del disturbo, anzi, rischia di creare un'aspettativa di guarigione rapida e completa senza bisogno di riconoscere le cause psicologiche, che non andrebbero mai sottovalutate o addirittura negate (come sempre più spesso avviene). Ma queste cause, se lasciate intatte e inesplorate, continuano ad agire nel tempo e creano nuovamente sintomi in occasione di stress di qualsiasi genere; queste ricadute spesso si verificano anche se si assumono farmaci per periodi prolungati a scopo "preventivo" (o addirittura "a vita", modalità che io respingo). 


    Molti fallimenti delle terapie psichiatriche sono legati alla delusione delle speranze di completa guarigione mediante qualche scatola di pillole, speranze alimentate dalla propaganda delle aziende farmaceutiche e dalla pessima divulgazione che si trova comunemente sugli organi di informazione. Ritengo che l' uso improprio di psicofarmaci sia decisamente uno dei problemi psichiatrici più diffusi e importanti. Non raramente si forma una nuova malattia psico-fisica iatrogena (causata dall’intervento terapeutico), che si sovrappone, si intreccia o si sostituisce al disturbo originario, ne confonde le caratteristiche e rende quindi difficili la diagnosi e il trattamento. Nei casi meno gravi, questo genere di patologia consiste essenzialmente in una dipendenza da psicofarmaci (problema comunque di difficile gestione). In altri casi alla dipendenza psico-fisica si può aggiungere una serie di danni organici di varia natura, spesso prevedibili e considerati - a torto o a ragione - il prezzo da pagare per un qualche equilibrio psichico o, meglio, comportamentale. Una certa uniformità e prevedibilità sono ritenute spesso accettabili dal medico, dai familiari del paziente o da altri soggetti (o organizzazioni) interessati al caso a vario titolo (servizi di salute mentale, strutture residenziali, aziende, scuole, e qualsiasi altra articolazione sociale). 


    Ben più raramente è il paziente stesso ad essere veramente convinto del compromesso. Pertanto è spesso necessaria (ed è richiesta espressamente dai pazienti) la revisione di terapie psicofarmacologiche di lunga durata. Sicuramente, quindi, non sono un cultore fanatico della terapia psicofarmacologica, e in diversi casi, se posso, non la instauro e ricorro a terapie psicologiche. Comunque nella mia attività, di fatto, in un numero elevato di casi l’impiego di farmaci psicoattivi risulta di fondamentale importanza. Di solito l’adesione rigorosa ad una terapia psicofarmacologica adeguata permette di ottenere l’attenuazione nel tempo più breve possibile dei sintomi più acuti, severi e invalidanti; consente spesso, fra l’altro, di evitare il ricorso al ricovero ospedaliero. Se richiesto o accettato dal paziente, sono quindi in grado di progettare, proporre e prescrivere qualsiasi intervento psicofarmacologico.

  • Urgenze relative a casi non conosciuti

    Decenni di esperienza in servizio di urgenza territoriale e di emergenza ospedaliera (pronto soccorso) mi hanno insegnato che uno Psichiatra non può agire da solo in una situazione di acuta e grave crisi, che riguardi un soggetto non conosciuto. Lo Psichiatra del Servizio Pubblico è chiamato ad intervenire quasi sempre dal 118, che a sua volta ha ricevuto una segnalazione da persone coinvolte nella crisi a vario titolo. 


    L’intervento psichiatrico di emergenza può tradursi in un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) ( Legge 13 maggio 1978, n. 180 - Legge 23 dicembre 1978, n. 833 Articoli 33,34,35 ). Si tratta di un intervento altamente coordinato che vede all’opera: lo Psichiatra (e di solito un Infermiere) del Dipartimento di Salute Mentale della ASL – le Forze dell’Ordine – i soccorritori – il personale del Pronto Soccorso e del reparto di degenza psichiatrico dell’ospedale – il Sindaco – il Giudice Tutelare. Poiché esercito esclusivamente la professione privata, risulta per me praticamente impossibile attivare questo complesso meccanismo. Occorre con la massima chiarezza sottolineare quanto segue: chiunque ritenga di trovarsi di fronte ad una situazione di pericolo imminente in relazione al comportamento di una persona, deve rivolgersi innanzitutto alle Forze dell’Ordine, che sono in grado di intervenire con la maggiore rapidità ed efficacia possibile a fini di sicurezza. Le stesse Forze dell’Ordine possono segnalare tempestivamente (e appropriatamente) eventuali presumibili aspetti psichiatrici ai servizi sanitari di urgenza. 


    Se si suppone ragionevolmente di trovarsi in presenza di un comportamento, ritenuto potenzialmente pericoloso, legato ad un disturbo psichico già noto, può essere preferibile rivolgersi direttamente ai servizi sanitari di emergenza (112 o 118). Questi provvederanno, se necessario, ad attivare il servizio di urgenza psichiatrica territoriale o di Guardia Medica.

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    In merito a eventuali situazioni critiche che riguardino invece pazienti già in trattamento con me, non ci sono ovviamente regole fisse.

    Valgono naturalmente anche in questo caso i limiti del mio esercizio individuale della professione, ragione per cui non bisogna esitare a richiedere gli interventi sopra descritti, se la situazione è molto preoccupante e non posso intervenire direttamente.

    In tal caso posso provvedere a collaborare con i servizi di urgenza fornendo tutte le informazioni utili alla gestione del singolo caso.

    Quando lo ritengo necessario posso, al limite, proporre e richiedere un ricovero (che a volte è richiesto dal paziente stesso) presso un reparto ospedaliero o altre strutture, impegnandomi a collaborare con il personale che prende in cura momentaneamente il paziente, ed eventualmente visitando il paziente durante il ricovero.

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